CULTURA > PERIFERIE
Mercoledì 11 Maggio 2022 di Donatella Trotta
Napoli, città di primati. Più o meno (mis)conosciuti, ostentati (talvolta anche a sproposito) o addirittura dimenticati. L’omeopatia sembra appartenere, nella migliore delle ipotesi, alla prima categoria; ma forse pure alla terza: per effetto di una damnatio memoriae che affligge ― nella nostra era liquida della simultaneità e dell’appiattimento su un presente di smemoratezza planetaria ― non pochi settori dello scibile umano, con i suoi protagonisti e l’evoluzione della sua complessa storia. Di cui fanno le spese in molti. Nel caso di questa medicina, definita in tanti modi (“non convenzionale”, “complementare”, “alternativa”, “dolce”, “naturale”, per usare eufemismi gentili, ai quali si aggiungono anche fantasiosi o errati appellativi che alludono invece a imprecisate dimensioni stregonesche o a pratiche terapeutiche orientali…) ma di fatto basata, molto in sintesi, sul principio di similitudine («similia similibus curentur») per la cura dei malati (di qui il termine omeopatia: dal greco “òmoios”, simile, e “pathos”, sofferenza), a complicare le cose si aggiungono molteplici altri fattori, legati ad agevolmente intuibili scontri di interessi. Che malgrado l’ormai asseverata diffusione mondiale della medicina omeopatica, inizialmente sperimentata con successo in Europa dal medico tedesco (non cinese!) Samuel Hahnemann (1755-1843) e formulata in particolare nel suo Organon der Heilkunst, «Organo dell’arte medica» (1810), continua ad avere detrattori. O anche soltanto scettici, che sembrano ignorare un’ormai vasta letteratura e una casistica che tra gli esempi, per restare nell’attualità, annovera la conclamata longevità dei membri dell’antica dinastia reale britannica dei Windsor, avvezzi a curarsi con l’omeopatia: la 96enne regina Elisabetta II, per dire, ha perso la madre alla veneranda età di 102 anni e poi il consorte Filippo, che di anni ne aveva cento.
Tornando a Napoli, in occasione del bicentenario dell’arrivo in città della medicina omeopatica (1821-2021), prima sede della penetrazione in Italia dei princìpi di Hahnemann ― come opportunamente documentò il libro Napoli e la nascita dell’omeopatia in Italia (1822), edito da Le Stagioni d’Italia nel 2017 e curato dalla compianta Vega Palombi Martorano, indimenticata past President dell’Apo, Associazione pazienti Omeopatici — un’occasione preziosa per addentrarsi nel mondo dell’omeopatia è ora offerta da un grande evento, in programma sabato 21 maggio alle 17.30 nella Sala del Lazzaretto dell’Ex Ospedale della Pace di Napoli (via Tribunali, 227), che va ben oltre la duplice presentazione di nuove pubblicazioni preziose per approfondire questi temi: il libro In viaggio con Hahnemann. Alle origini dell’omeopatia, di Francesco Antonio Negro (edito da Il Formichiere, 2021) e il volume 1821-2021. Il bicentenario dell’arrivo della medicina omeopatica a Napoli. L’omeopatia al tempo dei Borbone di Carlo Melodia (edito da Luimo, 2022). Perché già nel titolo scelto per l’incontro si ravvisa l’orizzonte culturale, oltre che scientifico, dell’incontro: «L’omeopatia nella filosofia e nella storia», volto – come recita il sottotitolo – a divulgare una «Indagine del viaggio nel pensiero della sua epoca che portò Hahmemann a donare al mondo un nuovo sistema di cura e la storia della diffusione che questo sistema ebbe con al centro la città di Napoli».